5.12.14

Il Mio Wolf Creek - Scritti da voi - 13 - di Marco Peveri


Stavolta Jolly Roger diventa Marco Peveri e ci racconta il suo magnifico e affascinante viaggio in uno dei posti più inaccessibili e misteriosi dell'Australia.
E luogo di culto per gli amanti dell'horror...
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Oggi lasciamo perdere “i Tesori di Jolly Roger”, gli horror sconosciuti che fan più ridere che paura :)
Voglio infatti raccontare una storia più normale, meno affascinante, più comune ma molto più personale. E' la storia di una persona anonima, con una vita piatta e monotona, una vita di ufficio, sepolto sotto moli gigantesche di numeri e numeri e ancora numeri (che alla fine son come mostri che mangiano tutti i sogni).
Questa persona ha una passione però, quella del cinema; quello in generale sì, ma in particolare il cinema horror.
Non so poi perché proprio l’horror. Anzi, sì, lo so.
Perché l’horror è qualcosa di ignoto, di pauroso ma anche emozionante, che ti fa evadere da tutto, che ti porta in un mondo dove non valgono le solite regole, dove qualsiasi cosa può succedere. Un genere solitamente privo di profondi contenuti, ma stra-carico di mistero, che poi è proprio la componente che più manca in una vita grigia come quella di cui raccontavo. :)

Un giorno come tanti altri, mi siedo sul divano e faccio click, pregusto con gioia quel che vedrò, un bel film horror di cui non conosco nulla, ma che sono sicuro mi farà evadere, ancora una volta, da tutto e da tutti.
Un horror che comincia come mille altri: un gruppetto di ragazzi che fanno festa, bevono, inciuciano, fanno gli scemi. Poveracci, penso io guardandoli. Come sempre succede negli horror sti ragazzi prima fanno festa come scemi e poi finiscono tra le fauci del Lupo.
E il film si intitola proprio Wolf Creek.
E io che pensavo che parlasse di lupi mannari! Invece no. Wolfe Creek (Wolfe con la e finale) è un cratere gigantesco, formatosi 300.000 anni fa nel deserto australiano, a causa dell’impatto di un grosso meteorite caduto dal cielo. Una roba tipo Deep Impact, per intenderci.
È un luogo fantastico, lunare, desolato. Non sorprende che gli australiani abbiano ambientato proprio qui il loro horror più famoso di sempre (ma hanno tolto la “e” finale, Wolf anziché Wolfe, per dare un tocco più “lupesco”).
I ragazzi del film percorrono il deserto australiano, in una specie di vacanza in sacco a pelo ai confini del mondo, arrivando fino a questo immenso cratere. Quando lo vedo rimango folgorato, estasiato. Non pensavo esistessero, al mondo, posti incredibili come quello. Posti dove l’orologio sembra essersi fermato centinaia di migliaia di anni fa, posti che sembrano immobili, a testimoniare in silenzio la loro grandezza.
Il film mi è piaciuto un sacco. Quando finii di vederlo, mi chiesi quanto sarebbe stato magnifico vedere quel posto dal vivo, ben sapendo, però, che verosimilmente non avrei potuto vederlo mai. Eppure...
Eppure capita di avere un fratello il quale, dopo anni di riflessione, matura una scelta definitiva e per niente leggera: quella di emigrare in Australia (un giorno dovrei dedicare una puntata della mia rubrica horror a qualcosa che, rispetto ai filmetti che di solito commento, è una cosa Horror-ma-sul-serio, ovvero la nostra itaglietta, che anziché offrire lavoro e serenità ai giovani li caccia via, comportandosi praticamente come una tigre che divora i propri cuccioli – ma lasciamo perdere, non è questa la sede).
Dicevamo, mio fratello deve andare in Australia a fare qualche pratica burocratica relativa all’ottenimento del visto. Appena saputo, è stato automatico abbandonare la vacanzetta che stavo progettando, per dedicarsi ad un progetto che ci avrebbe coinvolto entrambi:

Agosto 2012: WOLFE CREEK

Praticamente il viaggio della vita, quella vacanza Magica che fai una volta sola (anche perché coi costi che c’ha, cazzo, la fai davvero una sola volta).
Una specie di pellegrinaggio horror al “nostro” Cratere.
Prima tappa, l’aeroporto di Darwin, in cima all’Australia, nella regione del Northern Territory.
Raggiungiamo il punto di partenza dopo 24 ore di ore di volo insonni…sostanzialmente siamo già sfiniti prima di iniziare la vacanza. Perché la Sfiga, in realtà, non si ferma in un posto, ma ti osserva, e se ti vede che vai in un altro continente, piglia un biglietto aereo pure lei, solo per starti vicino e farti compagnia in culo al mondo.
La Sfiga ha le sembianze di quel vicino di posto che nessuno vorrebbe mai: il “viaggiatore abituale”, quello che appena si spengono le luci, c’ha già bella pronta la sua mascherina nera, se la cala sugli occhi e inizia a russare, grugnendo come una bestia in letargo, un trattore con la marmitta truccata da formula 1.
E quando, nonostante il suo rumore animalesco, sei lì lì che stai per addormentarti, chiaramente è lui a svegliarsi, e sveglia pure te, perché devi lasciarlo passare, che deve per forza andare al cesso. Quando torna, si siede, appoggia la testa ed in 7 secondi ricomincia ad ansimare come Grizzly - L’Orso Che Uccide.
Arrivati a Darwin alle 4 del mattino, stendiamo gli zaini e ci accampiamo in zona ritiro bagagli per schiacciare un pisolino, visto che in aereo,per i motivi di cui sopra, non abbiamo dormito (nella foto mio fratello, talmente incazzato per la notte insonne che non riesce a dormire nemmeno ora).


Nonostante tutto, comunque, le sensazioni suggeriscono che le cose andranno nel migliore dei modi. Dopo altre 4 ore di non-sonno, apre il car rental e ritiriamo la jeep prenotata dall’Italia (dovendo affrontare il deserto, non v’era altra soluzione che pigliare una jeep, praticamente un salasso di sangue). Breve tappa a Darwin, dove beviamo un caffè - che era tanto lungo che praticamente sembrava un bicchiere di coca cola (peraltro schifoso) e, nella piazzetta centrale, alcuni australiani sfoggiano i loro serpenti. Finisce che un pitone mi si avvinghia alla gamba. Io rido, sì, ma stikazzi.


Disarcionato il pitone (con l’aiuto provvidenziale di Crocodile Dundee) partiamo alla volta del cratere, che dista ben 1.500 chilometri da Darwin.
Esattamente come nel film di Wolf Creek, ci fermiamo in uno degli ultimi avamposti umani prima dell’Outback. Nel parcheggio della road-house, notiamo uno strano furgoncino.
Ehi, ma non è esattamente uguale al furgoncino di Mick Taylor, il killer del film? Mmmm…non il migliore dei presagi.


Dopo qualche altro centinaio di chilometri, arriviamo ad Halls Creek (chissà perché tutti i posti nel Northern Territory finiscono con “creek”) Da qui in poi, gli ultimi 400 chilometri sono praticamente tutti nel deserto. Non rimane che fare scorte di viveri, ma soprattutto di benzina, dato che, per almeno 800 chilometri tra andata e ritorno, non troveremo autogrill, né altra costruzione umana. Per fortuna, ci siamo procurati qualche tanica da caricare in auto (nella foto, mio fratello ne riempie una)


Finalmente, inizia l’avventura, quella vera: entriamo nel Deserto del Nord. Niente più strade asfaltate, siamo in mezzo al nulla.


Quella in foto è una delle strade più “mitiche” dell’Outback, Tanami Road, non asfaltata e pesantemente corrugata, tanto che viene soprannominata Killer Road, la strada “ammazza-veicoli”. E non è un soprannome esagerato, per niente.
I veicoli li ammazza sul serio.
Lungo la strada ci sono diverse carcasse di auto che, in seguito a guasti o incidenti, sono state abbandonate. Di certo il carro attrezzi non viene a recuperare nessuno qui.


Non potevo smettere di chiedermi cosa ne era stato di chi aveva occupato quelle automobili. Mi sembrava di essere un visitatore inopportuno, che invadeva luoghi che dovevano restare di proprietà esclusiva dei fantasmi che li popolavano.
E forse era proprio così.
La natura che ci circondava non sfoggiava alcun sorriso di benvenuto nei nostri confronti, basta guardare i termitai giganti a bordo strada (altri diversi metri!), che sembravano assumere espressioni antropomorfiche, minacciose, per nulla contente della nostra presenza.


Gli australiani chiamano questa zone “Outback”. Non c’è un termine nella nostra lingua per definire cos’è l’outback, letteralmente significherebbe “fuori l’oltre”, “oltre l’oltre”, per indicare un posto che sta proprio in fondo, che è oltre qualsiasi altro posto.
Le carcasse di autovetture non sono le uniche che si vedono al passaggio. Capita di imbattersi in carcasse di animali, con tanto di rapaci intenti a staccare pezzi di carne col becco ed ingozzarsi di carne. Davvero…horror!


La natura è crudele, sì, ma è anche straordinaria. Millenni di evoluzione ti rendono capace di vivere in ogni posto del creato, sfidando qualsiasi difficoltà di clima e territorio. Questi alberi, nella foto che segue, sono una specie particolare che vive là, sono un po’ “ciccioni” perché incamerano riserve d’acqua nella stagione piovosa, in modo da poterla conservare e “bere” nella stagione arida.
Guardandoli, mi piaceva pensare che essi stendessero le loro migliaia di braccia al cielo, per gridare la loro disperazione per l’aridità da cui sono circondati.


I 250 chilometri di Tanami Road che precedono il cratere non me li scorderò mai, sono stati una figata. La nostra vecchia jeep economica (era un po’ un rottame per dirla tutta) continuava a sobbalzare sul quel terreno sconnesso e scricchiolava tutto, ma continuava a viaggiare…per fortuna, perché il cellulare non prendeva (come nel film...)
Dopo circa 8 ore di deserto raggiungiamo finalmente l’indicazione per una stradina che piega sulla sinistra, verso il cratere. Un’altra mezz’ora e siamo arrivati!


Un cartello ci ricorda che dobbiamo procurarci un bastone. Il deserto australiano non è sabbia, ma ci sono piccoli arbusti e cespugli ovunque. In un Paese in cui vivono i serpenti più velenosi del mondo, a centinaia di chilometri dall’ospedale più vicino, quegli arbusti sono un problema: ogni passo che fai lo misuri al centimetro, in silenzio, con gli occhi ben spalancati e le orecchie tese a identificare il più sottile fruscio o sibilo. Comunque, il sentiero è ben visibile ed in poco tempo arriviamo in cima.
Il cratere non ha per niente le dimensioni “gigantostopiche” millantate dal film (3 chilometri e profondo 300 metri?! Macchè, è circa un chilometro di diametro, alto una settantina di metri). Tuttavia, la sensazione che si prova lì è unica. Non si sente nulla, c’è il silenzio assoluto. Ci si sente immensamente piccoli, in senso spaziale ma anche "temporale": il cratere che ci circonda sì è formato 300.000 anni fa, c'era prima, c'è ancora oggi, ci sarà sempre, nella sua silenziosa maestosità.
Si respira la desolazione, non una desolazione triste ma di un tipo diverso, che prima non avevo mai provato, che nasce dal contrasto che si prova immaginando quanto deve essere stato potente l’evento che ha originato tutto ciò, rispetto al silenzio e all'immobilità attuali del cratere.


Ma è inutile descrivere quel che si prova, meglio lasciare spazio ad un breve video (notare la battuta di mio fratello nel finale, cioè le ceneri di un bivacco che sono in realtà il resto del fuoco dell’impatto; peraltro se la fa a sé stesso e poi ride).



Poi è calata la notte. Abbiamo dormito in auto. Il buio del deserto era totale…ma il cielo era tappezzato da un manto di stelle splendenti come in nessun'altra parte del globo.
Ci sono posti talmente surreali e magnifici al mondo, che è difficile negare che esista un Dio che ha progettato tutto. Wolfe Creek è proprio uno di questi!
Purtroppo non lo rivedrò, è un po’ “fuori mano”. Ma lo rivedrò spesso nei miei ricordi :-)
E poi…nel buio più totale, d’un tratto udiamo un fruscio negli arbusti. Un fruscio forte.
C’è qualcuno.
Un brivido percorre la schiena, pensando al destino degli sfortunati ragazzi del film, che di notte a Wolf Creek si trovano davanti il killer pazzoide Mick Taylor…
Mano alla pila, facciamo luce tra gli arbusti…
Ma ecco che sbuca lui!



Un carinissimo canguro, molto più spaventato di quanto siamo noi
Ma ora spazio ai film!


WOLF CREEK (2005)

Due parole su questo film. A mio parere uno dei migliori horror usciti nell’ultimo decennio. Non annoia ed è originale. Non è classificabile in modo preciso, fonde più sottogeneri horror, quello del filone “torture”, del thriller on the road e del filone “rednecks”, sui cui tornerò in futuro.
E’ un film imprevedibile, che storpia continuamente il concetto di “final girl” così tanto abusato nel cinema horror…No, qui non fai a tempo ad affezionarti ad un’eroina del film, che…beh, non anticipiamo.
Tutto cambia, meno il cattivone, Mick Taylor: A mio parere, il miglior villain degli ultimi dieci anni; ha uno sguardo accattivante e simpatico ma che, dopo un secondo, può trasformarsi in uno sguardo fisso e gelido, in grado di trapassare la carne come un coltello. Sembra di parlare con una persona normale…ma d’un tratto, basta solo una battura sbagliata, un gesto innocuo che lui percepisce come un affronto, ed ecco che spunta “l’altro”…
Il film è liberamente ispirato a fatti realmente accaduti in Australia, ma non a Wolfe Creek, bensì nell’estremo sud. L’assassino al quale si ispira il film, nella realtà, si chiama Ivan Milat (ora sta scontando l’ergastolo), un serial killer australiano che uccideva proprio "saccopelisti" (backpackers), viaggiatori zaino in spalla in giro per l'outback australiano. Comunque, quel pazzo (quello vero) ha fatto fuori molte persone. In Wolf Creek la storia è romanzata, beh, certamente. Ma la realtà è stata peggio della fantasia.

WOLF CREEK 2 (2013)


Ben otto anni ci hanno messo per giare il seguito di quel capolavoro che era il primo film! In effetti non era facile trovare un seguito ad una storia che ha già dato tutto nel suo primo capitolo.
WOLF CREEK 2 è assolutamente diverso dal primo. Molto meno thriller, molto meno al cardiopalma, molto meno crudele. Molto meno bello, anche, questo di sicuro, bisogna esser sinceri.
Però, è denso di ironia e di humor nerissimo.
Gli autori hanno fatto l’unica cosa che potevano fare: non potendo più contare sul fattore sorpresa, hanno incentrato per intero il film sul carisma nero di Mick Taylor, la cui personalità, in questo secondo capitolo, è strabordante. Ne combina di tutti i colori, si diverte e, per certi versi, diverte.
L’attore protagonista è formidabile. John Jarratt (dove l’han trovato questo?) interpreta Mick Taylor con la stessa passione con la quale Tobin Bell ha interpretato 7 capitoli di SAW. La sua faccia, le sue espressioni, le sue risate, i suoi versi, il suo accento strampalato da uomo selvaggio dell’entroterra australiano. L’attore ha detto testualmente che recitare nel secondo capitolo è stato molto più facile…perché sapeva esattamente quello che il pubblico voleva dal suo personaggio. Infatti, in WC2 hanno dato al pubblico proprio ciò che esso voleva, la folle pazzia di questo personaggio stralunato e caricaturale

Ah, attenzione…Wolf Creek 3 è in canna, devono iniziare le riprese…Non vedo l’ora :)

10 commenti:

  1. Primo commento! Vinco un viaggio a Wolfe Creek, vero? :) Complimenti per la rece-bio-eccetera, mi sono sentita veramente dentro il film, una volta finito di leggere del tuo bel viaggio/pellegrinaggio (io vorrei farlo nella vicina Friburgo, all'accademia di Suspiria!). Sono d'accordo, uno dei villain con piu` personalita` del recente cinema horror. Esaustivissimo come sempre!

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    1. Grazie! a me piacerebbe, tra gli altri posti, riuscire a trovare la mitica casa dalle finestre che ridono. Grazie anche per'esaustivo, anzi, credo di essere un po' troppo esaustivo, devo imparare ad accorciare un po' questi post chilometrici :-)

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  2. macché macche, non accorciare: i racconti di viaggio son belle proprio quando sono lunghi. Deve essere stato davvero un viaggio indimenticabile, davvero ai confini del mondo, perché oltre quello, il prossimo posto - il piùvicino - da visitare è la Luna!
    come ci si sente in un cratere che ha visto nascere la nostra specie? brividi.

    Il film l'ho vidi anni fa in dvd, e se ci ripenso, è incredibile come io sia riuscito a vedere un film così crudele (oggi non ci riesco più), eppure mi era piaciuto e mi aveva turbato, specialmente per quel che accade alle ragazze nel finale e per la scena della fuga (con i cani nelle gabbie).

    cpmplimenti per questo tuo articolo, davvero memorabile come il vostro viaggio!

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    1. grazie :-) in effetti è dall'altra parte del mondo e poi fa strano trovarsi in un luogo che è uguale a com'era 300 mila anni fa. Viaggi come quello sono ricordi indimenticabili. Purtroppo capita poco spesso di farli. Penso che se vincessi ad una lotteria (anche se non gioco praticamente mai) mi comprerei un furgoncino e via! passerei il resto della vita a girare il mondo…ma penso che di non essere l'unico a pensare una cosa del genere, siamo in tanti :-)

      Sul film sono d'accordo, è più crudele rispetto alla media dei film simili e molto più realistico; mi aveva dato l'effetto di un pugno nello stomaco. Per fortuna il finale mitiga un po' le cose

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    2. 'poco ' spesso' è quanto meno un eufemismo direi! una volta nella vita forse è più vicino alla realtà.
      peràil tempo e le risorse spese a viaggiare sono le meglio spese, secondo me, perché i ricordi non può rubarceli nessuno.

      hai ragionme, il sogno del furgone o del camper è di molti - me compreso.

      dici che il finale del film mitiga? a me non sembra: solo una fuga dusperata e alla cieca e la beffaq della polizia...

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    3. in realtà Wolf Creek (il primo) lo vidi anch'io molti anni fa, quindi non mi ricordo bene il finale....mi sembra che mitighi perchè, se ricordo bene (occhio che sto per fare uno SPOILER ammazzafilm) il ragazzo riesce a scappare, viene trovato in strada da altri viaggiatori e alla fine si salva.
      Non è comunque un happy ending, nel complesso hai ragione che resta amaro...perchè le due ragazze che meritavano di più di salvarsi sono state uccise e il killer non viene trovato...
      Il numero 2 invece l'ho visto pochi giorni fa e lì il finale non mitiga...no no lì non mitiga per niente ;-)

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  3. Ti invidio.
    Là ne hai viste di cose che forse non vedrai più...

    Soprattutto i camion. Quanto cazzo erano lunghi!?

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    1. i camion sono sicuramente la cosa più strana. Ne ho beccato uno con SEI rimorchi!

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  4. Grazie per questo diario di viaggio e le stupende fotografie.
    Deve essere stata proprio un'esperienza indimenticabile.
    Il film non l'ho visto ma cerchero' di recuperare.

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    1. Grazie a te per le belle parole! Il viaggio è stato indimenticabile, è proprio un'altro mondo. Non dico meglio nè peggio che qui, anzi, personalmente preferisco i paesaggi nostrani, però è cosi diverso da qui che quando si è lì si resta affascinati, si ha quell'impressione di essere liberi che qui da noi è più difficile provare, tranne in qualche posto un po' sperduto o in qualche gita in montagna. Per quanto riguarda il film, secondo me il primo ti piacerà, non è un capolavoro (io li descrivo sempre esagerando un po') ma si va abbastanza sul sicuro :-)

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