31.5.15

Il vero Racconto dei Racconti, ossia l'analisi, con differenze e analogie, delle tre novelle de Lo Cunto de lo cunti da cui il film ha preso spunto: (3) La Cerva Fatata


Ed eccoci finalmente all'ultima analisi, probabilmente la più interessante come operazione.
Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando legga qui.

LA CERVA FATATA

Quindi, già il titolo sembra dirci qualcosa di assolutamente staccato dalla trasposizione (ah, ovviamente stiamo parlando della storia dei due gemelli albini).
Vediamo di scoprire che cosa c'entra sta cerva. Voi non ci crederete, ma sto facendo queste analisi in fieri, live, quindi nello stesso momento che scrivo (e leggo) scopro le cose, come voi. Anche perchè questo è il metodo più veloce, se avessi letto la novella prima e poi mi fossi messo a lavorarci sopra avrei impiegato il doppio del tempo.
Partiamo, come sempre, dalla piccola presentazione che fa il novellatore di turno.

Fonzo e Canneloro nascono per fatagione: Canneloro è invidiato dalla regina, madre di Fonzo, che gli rompe la testa. Canneloro fugge e, diventato re, cade in un grande pericolo. Fonzo, per virtù di una fontana e di una mortella, viene a sapere delle sue disavventure e va a liberarlo.

Quindi, per adesso, nessun riferimento alla Cerva del titolo e assoluta identità con Garrone. Notare però come i nomi siano completamente diversi ma questo, mi ero dimenticato di dirlo, è avvenuto per tutte e 3 le trasposizioni.

Comincia la novella e già notiamo una sostanziale differenza con Garrone.

"Era na vota no cierto re de Longa Pergola, chiammato Iannone, lo quale, avenno gran desederio de avere figlie, faceva pregare sempre li dei che facessero 'ntorzare la panza a la mogliere; e, perché se movessero a darele sto contiento, era tanto caritativo de li pellegrine, che le dava pe fi' a le visole. Ma vedenno all'utemo che le cose ievano a luongo e non c'era termene de 'ncriare na sporchia, serraie la porta a martiello e tirava de valestra a chi 'nce accostava."

Come vedete è il Re, e non la Regina a desiderare ardentemente un figlio. Prega gli Dei, si comporta bene, ma niente, il figlio non arriva. Nel film è invece lei a desiderarlo più di qualsiasi altra cosa, così tanto che solo vedere la circense incinta la distrugge. A questo punto mi sono fatto una domanda: "Perchè questo cambiamento?". E un pò per fortuna e un pò per cocciutaggine mia ho scoperto una cosa veramente interessante, almeno a mio parere.
E la risposta è addirittura nella cornice de Lo Cunto de li Cunti, ossia nella vicenda che fa da pretesto al racconto di tutte le novelle (come quella  dei 10 giovani che sfuggivano alla Peste nel Decameron per intendersi).

30.5.15

Il vero Racconto dei Racconti, ossia l'analisi, con differenze e analogie, delle tre novelle de Lo Cunto de lo cunti da cui il film ha preso spunto: (2) La Vecchia Scorticata


Per chi volesse capire meglio rimando alla prima "puntata"



LA VECCHIA SCORTICATA


La presentazione è in perfetta linea con il film

Lo re de Roccaforte se ’nnammora de la voce de na vecchia e, gabbato da no dito rezocato, la fa dormire cod isso. Ma, addonatose de le rechieppe, la fa iettare pe na fenestra e, restanno appesa a n’arvolo, è fatata da sette fate e, deventata na bellissema giovana, lo re se la piglia pe mogliere. Ma l’autra sore, ’nmediosa de la fortuna soia, pe farese bella se fa scortecare e more.

La prima e unica differenza che per adesso possiamo già constatare è nell'incantesimo che nell'originale quindi è opera di sette fate diverse.
Molto interessante poi è lo stesso titolo perchè prende quella che, almeno per minutaggio, sembrava la parte meno importante del film. In effetti anche nella pellicola capire chi sia il/la protagonista della vicenda è veramente difficile.

La novella comincia con la descrizione fisica delle due vecchie, meritevole:

S’erano raccorete drinto a no giardino dove avea l’affacciata lo re de Rocca Forte doi vecchiarelle, ch’erano lo reassunto de le desgrazie, lo protacuollo de li scurce, lo libro maggiore de la bruttezza. Le quale avevano le zervole scigliate e ’ngrifate, la fronte ’ncrespata e vrognolosa, le ciglia storcigliate e restolose, le parpetole chiantute ed a pennericolo, l’uocchie guize e scalcagnate, la faccie gialloteca ed arrappata, la vocca squacquarata e storcellata e, ’nsomma, la varvea d’annecchia, lo pietto peluso, le spalle co la contrapanzetta, le braccia arronchiate, le gamme sciancate e scioffate e li piede a crocco.

Il Re non è un Rocco Siffredi de noaltri, ma semplicemente un sovrano che si innamora della voce della ragazza (senza esplicitamente sentirla cantare) e che è affascinato dal mistero che si cela dietro quella casa/baracca.

29.5.15

Il vero Racconto dei Racconti, ossia l'analisi, con differenze e analogie, delle tre novelle de Lo Cunto de lo cunti da cui il film ha preso spunto: (1) La Polece (La pulce)


E' innegabile che Il Racconto dei Racconti garroniano abbia sollevato una certa curiosità sul testo originale, Lo Cunto de li Cunti, la raccolta di fiabe in dialetto napoletano di Giovan Battista Basile, scritta nella prima metà del '600.
Per semplificare molto ci troviamo davanti ad un'opera similissima al Decamerone, con la differenza che le giornate di racconto non sono 10 ma 5. 
Per il resto stessa cosa, na cornice e tante novelle raccontate, 50, ossia 10 per giornata.
Ovviamente, e chi ha visto il film se ne sarà accorto, come tematiche ci sono molte differenze con le novelle del Boccaccio che, al confronto di queste di Basile, sono quasi una lettura per regazzini.
Ieri ci chiedevamo con i miei amici se Garrone fosse intervenuto molto nel testo o avesse preso le novelle rispettandole al massimo. Mi è venuta voglia così di ricercarle. Quei fenomeni di Wikipedia danno come titoli delle 3 novelle scelte da Garrone quelli di "La Regina", "La Pulce" e "Le due Sorelle".
Ora, non è vero per un cazzo. La Pulce o.k (La Polece), ma gli altri due non erano assolutamente presenti nel sommario de Lo Cunto de li Cunti. E se una l'ho trovata abbastanza facilmente grazie ad un titolo abbastanza indicativo (La Vecchia Scortecata) per l'altro ho dovuto faticare parecchio, leggendomi TUTTI gli incipit dei 50 racconti (prima di ogni novella il novellatore fa una specie di presentazione della stessa). L'ho letti tutti ma non l'ho trovata. Me li sono riletti e finalmente eccola, è La Cerva Fatata (l'avreste detto?).
Curioso come le novelle siano tutte e 3 nella Prima giornata (quindi nelle prime 10). Con una battuta potrei dire che Garrone non ha avuto voglia di leggerselo tutto, ma lasciamo perdere.
Il mio intento è quello di fare una divertente e forse un pelo interessante analisi delle novelle confrontandole al film. Spero che ne risulti quantomeno un post curioso.
Intanto faccio la prima, poi se ce la faccio (e magari interessa) provo anche le altre.


LA POLECE (la pulce)

Recensione "Il Racconto dei Racconti"

Ma che strano film questo Racconto dei Racconti.
E che strana questa scelta di Garrone, regista meraviglioso che ho amato sempre ed ovunque.
Poi c'ho pensato e in effetti, forse per un caso o per una banalissima e insulsa mia intuizione, c'era qualcosa che poteva lasciar presagire tutto questo.
Ed era un continuo "allargarsi" dei suoi film, una necessità di un respiro sempre più ampio.
Dai primi due film da camera (il "mio" Garrone, quello che conosco, comincia con L'Imbalsamatore), dove in maniera sublime il regista romano  nel chiuso di poche stanze e in storie intensamente circoscritte seppe parlare di ossessioni, tensioni e drammi, passò poi a Gomorra, iniziando a raccontare anche il fuori, la gente, ma sempre con un certo taglio abbastanza essenziale, claustrofobico, l'unico che poteva restituire al meglio la forza della morsa camorristica. Poi con Reality ci si allarga ancora di più, e lo fa la stessa regia, diventando più libera, più "cinematografica", in una vicenda che partiva anch'essa "solo" da Napoli sì, ma aveva la forza e la necessità di mostrarsi universale. E adesso si cresce ancora di più, aumentano gli attori, aumentano le concessioni di regia, aumentano gli spazi, e tutto questo aumentare forse aveva bisogno, per starci dentro, del genere illimitato per definizione, quello del fantasy.

27.5.15

Recensione: "Opera" - D(i)ario Argento, la mia storia d'amore con il re del Giallo - 9 - di Miriam


Eccoci arrivati al nono appuntamento con Miriam e la sua carrellata cronologica nella filmografia argentiana. Potete trovare tutti i precedenti appuntamenti nell'etichetta apposita e, da pochi giorni, anche nel suo blog, nel quale piano piano riproporrà tutte le recensioni postate qua.
Orami i grandi fasti del Maestro sono alle spalle. Ma di questo film non dimenticherò mai i mitici aghi negli occhi anti sbattimento di palpebra ;)
E ora la solita appassionata, competente (anche se di parte...), personale (c'è anche la mamma stavolta) e originalissima Miriam

(mammma mia quanto è che non vedo e recensisco veri horror... Solo 3,4 quest'anno, devo recuperare)

Ho rivisto Opera con mia mamma. Era venuta a trovarmi e le ho detto: mamma, devo scrivere un post su Opera (forse l’ultimo film ben riuscito all’interno della sequenza di Dario, cioè una sfilza di capolavori horror senza sbagliare un colpo (Inferno fa interferenza, devo ammetterlo).

Ecco. Mia madre sicuramente è stata, nel corso degli anni, temprata alla visione di sgozzamenti, torture, sequenze di suspense e giù di lì: il grosso del tempo da ragazzina l’ho passato in compagnia del cinema e, una buona fetta delle mie visioni preferite, erano i film horror. Tiravamo giù le tapparelle quando c’era il sole o gioivamo nei giorni di pioggia (con i temporali anche meglio) e guardavamo quelli che, da piccola, chiamavo i film “ di spavento di paura”. Eh, siamo stati tutti bambini - alcuni di noi sono ancora là. Quindi mi fa compagnia mentre guardo Shining, Rosemary’s baby, viene a conoscere il dottor Caligari che mi piace tanto, si subisce i pipponi adulatori sui vari Suspiria ecc., si rifiuta di vedere L’esorcista e cose così. Ed è a lei che devo il mio affetto per Dario: se non mi avesse detto che da ragazza aveva visto 4 Mosche e che le era piaciuto un sacco, forse l’avrei visto in un altro momento, l’avrei negletto. Forse si sarebbe realizzata una situazione raccapricciante alla raccapricciante Sliding Doors e quella notte di insonnia torturante non avrei premuto OK per 4 Mosche, ma avrei optato per (di nuovo) Velluto blu (che è fighissimo né, Lynch è il migliore, ma vederlo all’infinito non fa bene) e chissà se 4 Mosche, in futuro, avrebbe avuto lo stesso effetto benifico-distensivo sui miei nervi.

26.5.15

Recensione "La Invencion de la Carne"



Ginocchia, gambe, glutei, pube.
Forse in questo primo minuto c'è già gran parte di quello che sarà il resto de La Invencion de la Carne, tenero e allo stesso tempo morboso film argentino del regista Santiago Loza.
C'è già, ad esempio, l'ossessione per il corpo, vero e forse unico protagonista della pellicola. Corpi nudi come ultime vestigia di uomini e donne che paiono quasi incapaci di pensare, sballottati qua e là solo dagli istinti e da basiche necessità. Mai un pensiero, mai un vero e proprio processo intellettivo, mai un dialogo che non sia soltanto mero collegamento tra un prima e un dopo. E allora corpi nudi che si vestono, corpi che nuotano, altri che galleggiano, corpi che fanno un sesso stanco, violento o privo di passione, corpi che si contorcono per la sofferenza e corpi che si abbracciano.
Come se l'uomo abbia raggiunto un punto zero nell'uso del libero arbitrio, o semplicemente in quello delle passioni, degli obbiettivi, degli slanci vitali, e sia rimasto solo questo, un corpo, possibilmente nudo, che si muove nell'inerzia del mondo.

Risultati immagini per la invencion de la carne

Ma in quel primo minuto c'è anche altro, c'è il manifesto di una scelta stilistica che poche volte ho visto così radicale in vita mia. Un film che è fatto solo di primissimi piani, di dettagli, di inquadrature a non più di pochi centimetri dall'oggetto di ripresa. Così vicino da rendere panoramica anche il solo scorrere un braccio, o una schiena. Campi medi che si contano sulle dita di una mano, riservati solo alla passeggiate di lei nella campagna. Per il resto questa ossessione, ancora una, per il dettaglio, per la chiusura dello sguardo, come se oltre quei corpi, quegli oggetti, quei piccoli gesti non ci fosse nulla. E' un pò la tecnica che avevamo già visto nell'immenso Mommy ma se lì la chiusura era suggerita dal formato scelto qua è la vicinanza della macchina da presa a raccontarla. Siamo quasi al confine dell'amatoriale, dello zoom imperante, in un film che però amatoriale certo non è.

25.5.15

Alla veglia funebre

"Guarda che viso disteso, sembra stia dormendo..."
"Si vede che è morto in pace"
"Sì sì, che è sempre stata una persona tanto cocca lui"
"Ma lo sapevi che beveva e tradiva Maria sti ultimi anni?"
"Ti ricordi quella volta al Lago di Garda?"
"Ah ah, quando per poco affogava nelle piscine?"
"No, ma sei sicura?"
"Guarda, ancora non gli hanno messo il rosario sulle mani, dici che non lo mettono ormai?"
"Sì sì, pensa che l'ha visto mio marito con una straniera..."
"Ciao Maria... tante consoglianze Maria,  gli volevamo tanto bene..."
"Grazie, grazie infinite, grazie"
"Sì, l'hanno tirato fuori due bagnini e gli hanno fatto la respirazione bocca a bocca, ricordi?"
"Ma lo sai che m'ha appena detto l'Elsa?"
"Maria, volevamo salutarti anche noi, siamo venuti apposta da Pistoia"
"Ma non dovevate, grazie, non dovevate, grazie"
"No, perchè lui non sapeva nuotare, per poco affoga nell'acqua bassa"
"No, che t'ha detto?"
"Ha detto che da un pò beveva e tradiva Maria"

24.5.15

Più di un cantante, più di un amore

Ieri, finalmente, a 5,6 anni dalla prima e unica volta, sono riuscito a vedere dal vivo il cantante che io abbia più amato in vita mia.
E' strano come in 6 anni di blog non ne avessi mai parlato.
Eppure Moltheni, adesso Umberto Maria Giardini, è stato ed è veramente qualcosa di importante per me.
I suoi testi, la sua voce e la sua musica mi sono sempre entrati sottopelle, come nessun'altro.
Chi lo ama sa di cosa sto parlando.
E così, per ricordare la nottata di ieri, che per tanti motivi è stata e sarà comunque indimenticabile, volevo lasciare una traccia, solo una, di questo cantautore nel mio blog.
Perchè se sto spazio personale in qualche modo è sempre stato specchio del mio cuore, non aveva senso che magari un giorno, una volta chiuso, non avesse mai mostrato uno dei miei ventricoli.
Grazie Umberto, grazie per essere stato colonna sonora di una vita e grazie per essere stato colonna sonora ieri sera.
E grazie per quell'abbraccio.

Splendido amore 
splendido perchè 
mi condanni a rimanere in vita,là dove vita non c'è 
lascia le tracce in terra, 
le riconoscero' 
nel candore di un tuo sguardo e in un sonno perpetuo 
mi addormentero' 

Spendido amore 
splendido perche' 
hai dettato un programma geniale 
solamente per me 
lacrime d'oro e d'argento scorreranno e da cui 
nascerà un nuovo mondo gentile e imperfetto 
ma immune da tutto 
nascerà un nuovo mondo gentile e imperfetto 
ma immune da tutto 
sì nascerà un nuovo mondo gentile e imperfetto
ma immune da tutto... 
nascerà un nuovo mondo gentile e imperfetto 
ma immune da tutto 
nascerà un nuovo mondo gentile e imperfetto 
ma immune da tutto... 



22.5.15

Recensione "Youth" (2015)


Se c'è una battaglia che ho portato avanti in questi 6 anni di blog (o meglio, diciamo posizione visto che reputo il 95% delle battaglie solo ipocrite perdite di tempo), è quella dell'onestà intellettuale.
Magari non nel senso più alto del termine, che l'onestà intellettuale è una cosa così grande che limitarla al giudizio cinematografico fa quasi ridere, ma in modo molto più banale ed empirico.
Ed è questo che mi ha sempre portato a ricercare anche nei peggio film le meglio cose, perchè è impossibile che un'opera cinematografica sia solo un insieme di errori.
Noto invece che è diffuso il metodo di voler distruggere in modo totale un film (o un regista) che non piacciono. Come se mettessimo in una tinozza qualche vernice colorata ma poi una gettata di nero facesse diventare nera tutta la miscela.
Ecco, con Sorrentino accade questo, una volta che si è deciso che non piace, che il suo film è irritante, che la sua è solo boriosa ostentazione poi queste sensazioni le si allargano a tutto, ad ogni inquadratura, ad ogni movimento di macchina, ad ogni frase. Fanno diventare tutto nero, anche quelle spruzzate di colore, quelle eccellenze che, se si avesse onestà intellettuale, non si potrebbe far finta di non vedere.
Perchè che Sorrentino sia in questo momento il miglior uomo di cinema italiano è dato quasi oggettivo.

20.5.15

BuioLibri (N°2): Pancake - Trilobiti


A volte succedono cose strane, particolari, a cui è impossibile non dare la giusta attenzione. Nel post dei libri c'è stata una partecipazione impressionante. Tutti sono intervenuti, tutti hanno messo la propria lista, tutti hanno messo il proprio nome.
Tranne uno, un Anonimo restato poi tale.
E la cosa strana non sta solo nel fatto che sia stato l'unico Anonimo, ma anche che fu l'unico ad indicare UN solo libro, perlopiù sconosciuto.
Insomma, tra una marea di gente intervenuta e più di 400 libri citati:
- un unico Anonimo.
- un unico commento in cui veniva presentato un unico libro
- un libro sconosciuto.
Di uno scrittore sconosciuto poi, morto suicida a 26 anni.
E nemmeno un romanzo, ma 12 racconti.
Tutto troppo strano e affascinante. E con la buffa immagine e sensazione che forse quel messaggio l'abbia scritto proprio Pancake, lo scrittore di quel libro, non potevo far altro che andarmelo a cercare


Ho sempre creduto che ogni cosa debba essere chiamata col proprio nome.
Forse è proprio per questo che non ho mai provato a scrivere sul serio, per questa mancanza di esperienza, non esperienza di scrittura, ma esperienza di vita passata a sapere il nome delle cose.
Breece D'J Pancake di anni su questa terra ne ha passati pochi, solo 26, prima che quella notte decidesse che probabilmente erano persino troppi, ma questi pochi anni gli sono serviti per conoscere il mondo che lo circondava in maniera così viscerale, assoluta e completa che avrebbe potuto descrivere anche il colore cangiante di una vespa innamorata usando non le giuste parole, ma quelle vere.

19.5.15

Recensione "Rivoluzione Zanj" - BuioDoc - 21 - Scritti da Voi - 39 - di Rocco Ricciarelli


Abbiamo visto questo film insieme io e Rocco, ieri sera.
Al cinema.
La vera rece l'ho lasciata a Rocco perchè conosce molto meglio di me l'argomento ed è per lui fonte di grande interesse. Io conosco pochissimo del mondo arabo, o magari tanto, ma tutto superficialmente. E così un film molto importante anche a livello storico e "politico" io l'ho visto solo nella sua componente romanzesca, letteraria, esistenziale. Un film sulla ricerca utopica, da parte di un piccolo uomo, di qualcosa perso nel tempo, 12 secoli prima, un avvenimento talmente sconosciuto che sta a metà tra l'essere storia o leggenda, un qualcosa che non ha lasciato niente nei giorni nostri, se non qualche vecchia moneta. Ma, come dimostrerà Rocco nella sua ottima rece, in realtà quella rivoluzione coi giorni nostri c'entra molto, eccome. Io, dopo un primo tempo davvero pesante, mi sono invece perso in questa atmosfera borgesiana (Borges è citato anche da Rocco, ma per differenti motivi), in questo libro leggenda e fantasma, in questa città leggenda e fantasma, in questi fantasmi tout court cui il regista cercava di dar vita. 

17.5.15

Recensione "Forza Maggiore"



presenti spoilerucci

Si comincia con una foto dove, sotto comando, ci sono braccia che cingono corpi e caschi reclinati sugli altri.
La forzata e rassicurante cristallizzazione di un'unità.
Si finisce in una strada di montagna, divisi un gruppetti, con teste e cuori che in 5 giorni sono finiti sotto una valanga di cose, uscendone mutati per sempre.
In mezzo a questo prima e a questo dopo c'è una valanga vera, che senza travolgere nessuno riesce a travolgere ancora di più.
In mezzo c'è un film scritto in maniera così perfetta che drammatizza meglio di un drammatico, sdrammatizza meglio di una commedia, ha scene di tensione superiori a qualsiasi horror e lati surreali migliori di un buon grottesco (ad esempio la surreale scena del pianto di lui, quasi una sequenza a colori del Piccione anderssoniano).
La valanga è simbolo di tutto. La valanga è qualcosa che per definizione travolge e non si ferma. O si ferma quando lo decide lei, non noi.
Ma molto spesso le valanghe hanno bisogno di montagne dalle quali cadere. E quella che ha colpito la famiglia di Thomas probabilmente quel versante di  montagna per farlo ce l'aveva. Perchè molte volte ti accorgi di una crepa quando in realtà si è già formata prima una voragine. La voragine non la vedi, o magari fai anche finta di non vederla ma poi arriva una crepa troppo evidente per non essere vista, anche se piccola, e più analizzi quella crepa più inizi a vedere la voragine.

16.5.15

Sulla scrittura. E su un laboratorio che voglio fare

La scrittura è una cosa grande, ci sono pochi cazzi sulla questione.
Ovviamente parlo della vera scrittura, non nel senso di qualità, anzi, va bene anche quella pessima con le acca sbagliate, ma di processo.
Voglio dire, dove riesci ancora a trovare qualcosa di così tremendamente "attivo" e personale?
Nessuna parola, nessuna frase appare sul foglio o sullo schermo bianco da sola,  il momento della scrittura è uno dei pochi in cui ancora, condizionato o no, vero o no, sei costretto a compiere un atto intellettivo, a pensare, ad accendere il cervello in un mondo che ogni 3 minuti preme il bottone dell'off cerebrale.
Poi la scrittura può essere piacere della creazione, sfogo, divertimento, abitudine, esercizio, formula contro la noia o contro lo stress, appagamento narcisista e mille altre cose.
Ma se non pensi e scrivi quel foglio rimane bianco.
Ora, v'ho rotto i coglioni mille volte su quello che significa per me scrivere, ve lo risparmio.
Però ultimamente sento la necessità di provare ad "aiutare" quelli a cui piace scrivere ma si sentono in qualche modo bloccati nel farlo.
Oppure quelli che bloccati non lo sono per niente ma non sanno in che modo condividere quello che scrivono.
Ovviamente il campo di "battaglia" che ho scelto è quello del cinema.
Ho pensato così di organizzare (ci vorrà tempo, ma lo farò) un laboratorio di scrittura sul cinema.
Io, anche se il corso forse sembrerà affermare questo, non sono il "docente", ma soltanto uno che proverà ad aiutare i ragazzi (dai 16 ai 29 anni) a tirar fuori quello che hanno dentro.
Esistono 3 grandi elementi, e sono la passione, lo stile e la capacità di distruggere il muro che ci divide dagli altri, la condivisione.
Questi 3 grandi elementi, mescolandosi tra loro, formano 8 possibili prototipi di ragazzi.
(grazie ad Alessandro che mi ha detto del 2 alla terza)
A me interessa che i ragazzi possiedano il primo di elemento, la passione.

Perchè a quel punto i prototipi si riducono a due:
Un appassionato che non sa scrivere tanto bene ma condivide già con gli altri quello che scrive.
Un appassionato che scrive benissimo ma tiene tutto per sè.
(poi ci sarebbe l'appassionato che scrive benissimo e condivide già, ma probabilmente a quel punto non avrebbe bisogno  dell'esperienza)

E' a questi due tipi di ragazzi che il laboratorio può servire.
A chi piace già condividere ma vuole, attraverso il confronto, le critiche e i consigli degli altri, migliorare quello che fa, e a chi non ha nessun problema con lo stile e le parole ma non riesce ancora a tirar quelle cose fuori dal cassetto.
Saranno una decina di incontri in cui si vedranno cose e si scriverà moltissimo, in cui si cercherà di allargare la propria terminologia cinematografica, si accenneranno due cose sulla storia, sui generi, sulle tecniche, sulle inquadrature, sulla sceneggiatura, sui diversi stili di scrittura personale e compagnia cantante.
Senza mai avere l'arroganza di pensare che nessuno stia insegnando niente (non ne ho le competenze o se le avevo le ho perse nel tempo) ma che si voglia soltanto aggiungere molte più frecce ad una farestra che il ragazzo ha già saldamente sulle proprie spalle.
Una faretra che dentro deve avere solo la freccia della passione, per cinema e scrittura.
Nient'altro.
E, soprattutto, sarà un tentativo per far uscire quello che uno ha nella testa e nel cuore e che, oltre al bisogno di reificare nella scrittura, ha anche la necessità o curiosità di condividere con gli altri.
Non ci saranno bravi e non bravi.
Ma soltanto chi riuscirà a far uscire le cose e chi non ce la farà.
Poi, alla fine, sempre di cinema stiamo parlando, nessuno vuole sapere nulla della vita personale dell'altro.
Però, probabilmente, solo chi riuscirà a mettere sè stesso dentro quello che scrive avrà raggiunto alla fine l'obbiettivo massimo.

14.5.15

Recensioni Superiori: Orsetto Bundi



Torna la rubrica che cerca di farvi conoscere alcune tra le recensioni (e relativi recensori) più originali del Web.

Dopo il grande successo della prima puntata, con l'indimenticabile Mr 619, volevo farvi conoscere un caro ragazzo con cui a volte avevo simpaticissimi scambi di opinione nel sito dove scrivevo.
Le sue K divennero leggendarie, i suoi "movie" al posto di "film" anche, i racconti di tutto quello con cui si strafogava durante i film indimenticabili, le sue divagazioni già iscritte nella storia.
Alla fine una riga del film la tirava sempre fuori ma quello che a lui premeva era raccontare la sua vita.
Ma sono due le cose strane che fanno del mitico Orsetto Bundi un personaggio genuino, vero.
La prima è che la scelta dei film che vedeva e le relative valutazioni molto spesso denotavano molta competenza e capacità critica (insomma, non era un troll, ve lo giuro). Tra l'altro un occhio bene attento, dopo averlo letto molte volte, capiva che si trovava davanti ad una persona affatto stupida, semplicemente "strana".
La seconda cosa che lo rese celebre fu lo scoprire che di lavoro insegnava la lingua italiana in Sud America.
Lo so, non ci credete, ma dimostrò veramente che fosse così.
Lo amo.
(ne ha scritte 500, non posso scegliere, pesco solo 3 film a caso.

13.5.15

Recensione: "Exam"



spoiler micidiali dopo la linea divisoria nel finale 


Una stanza quasi spoglia.

Al suo interno soltanto 8 banchi, spartani anch'essi, e 8 sedie.
Dettagli di uomini e donne che si preparano per qualcosa, qualcosa di importante.
Poi gli 8 uomini entrano e qualcuno parla loro.
E' l'ultimo step per lavorare in una non meglio identificata compagnia. Ma è un lavoro prestigioso e che dà un fracco di soldi, uno di quelli che nemmeno c'è bisogno di conoscerne i dettagli, lo si vuole.
Gli 8 professionisti, gli ultimi rimasti delle altre lunghe selezioni precedenti, ascoltano l'esaminatore che detta loro pochissime ma fondamentali regole.
"Avete domande da fare?" chiede infine.
Nessuno risponde, l'esame scritto può cominciare.
Ottanta minuti di tempo (e il film sarà in ASSOLUTO tempo reale, non solo "percepito" come ad esempio in Locke).
Gli 8 candidati controllano il foglio davanti a loro.
E' bianco, completamente bianco.
Cosa scrivere, cosa rispondere, ad una domanda che nemmeno si conosce?
Lo diceva il Woo-Jin di Old Boy che la cosa importante non era cercare una risposta, ma riuscire a trovare la domanda giusta.

12.5.15

Recensione "Leviathan"(2014)



Serve a poco conoscerne le connotazioni bibliche.
Nè quelle filosofiche.
Nè quelle storico politiche.
Perchè quanto è grande il mostro lo vedi da solo.
Eppure Kolya, brav'uomo tutto lavoro e neuroni che saltano, dentro la bocca del mostro c'era finito sin dal principio, ma mica se n'era accorto.
Che stava lì. a dimenarsi, a lottare, a dire che lui dentro quella bocca non ci sarebbe mai finito, anzi, ci avrebbe piazzato una bomba e l'avrebbe fatta scoppiare.
Solo alla fine, quando la bocca s'è chiusa, quando ha visto il muro di denti davanti a sè, e l'odore marcescente e il buio, solo allora ha capito che era stato inghiottito.
E allora a quel punto l'unica cosa da chiedersi sarà soltanto dentro quale bocca si sia finiti.
Che il mostro mica c'ha una sola testa, no, perchè a volte le creature mitologiche si accoppiano e formano figli ibridi. E il Leviathano ha corteggiato l'Idra, magari usando anche le maniere forti, che lui è bello grosso e la più terribile di tutte le creature, magari c'è stato uno stupro, che ne so, ma quello che conta è che inseminazione c'è stata e un figlio è nato, un mostro marino terribile, gigantesco e a più teste.
C'ha quella religiosa, con in testa il buffo copricapo dei Patriarca, quella religione dogmatica che ogni volta farà crollare ogni tuo dubbio umano dietro a verità imprescindibili scritte nei testi.
C'ha quella giudiziaria, di quei giudici che leggono, più veloci di Bonolis, sentenze che paiono giù scritte. Un fiume di parole ipnotico, vuoto per quanto pieno, solo una veloce e ridondante forma di una sostanza che conosci già.

9.5.15

Dialogo tra due uomini nell'attesa che cominci il film


"Buonasera"
"Ehm, buonasera..."
"Mi scusi se l'ho messa in imbarazzo"
"No, si figuri, è solo che non sono abituato che qualcuno che non conosco mi parli in sala prima dell'inizio del film"
"Ahah, la capisco"
"---"
"In effetti mi sono permesso di parlarle perchè siamo solo noi due in sala"
"E' vero, ma le assicuro che non è la prima volta che mi capita"
"No, neanche a me, ma non trova curioso che lei si sia venuto a sedere appena dietro me, con tutta la sala vuota?"
"In effetti è strano, forse nemmeno me ne sono accorto"
"Oppure in qualche modo una parte di lei voleva, o sperava, di poter parlare con l'unica altra persona presente in sala"
"Veramente, non lo so. Devo dirle che non parlo mai con nessuno in sala, è strano che stavolta, consciamente o no, abbia voluto farlo"
"Sai cosa penso? che esista la teoria della calamita"
"Non capisco, scusi. Intende che io in qualche modo sono stato attirato da lei?"
"Ottima deduzione, ma non volevo dir questo. Mi riferivo al fatto che siamo solo noi due in sala, ecco"
"Non capisco"
"Io credo che gli uomini siano calamite potentissime. Più sono e più hanno forza magnetica. Vede? in questo cinema siamo sempre in pochi, lo sa anche lei, so che lo frequenta, l'ho visto più volte. Ed essendo in pochi abbiamo una forza magnetica bassa"

8.5.15

Black Mirror - White Christmas - Le serie tv de Il Buio in Sala


Spoiler pesanti solo dopo la linea divisoria

E' davvero imperdonabile che una perla come questa, almeno da noi, rimanga così invisibile.
Sì perchè poche opere di fantascienza hanno saputo raccontare i nostri anni, quello che stiamo vivendo adesso, come questa.
White Christmas è quasi un instant movie, ossia un film che con ferocia, intelligenza, originalità ma anche assoluta padronanza del mezzo e conoscenza del mondo, sa raccontare come pochi altri quello che la tecnologia in questo momento sta operando nelle nostre vite.
Vite virtuali, private di personalità (vedi lui che si fa guidare), sempre più vicine a un'identità, una fusione, tra coscienza (che di per sè è cosa astratta) e possibilità di rendere "digitale" la stessa, anime paradossalmente "deanimate" ma sempre anime in fondo.
La magnifica serie Black Mirror ci aveva già fatto riflettere tanto, e in modo talmente originale e ben fatto che tali riflessioni erano affiancate da un godimento visivo davvero notevole.
Ma nessun episodio delle serie precedenti (questo qua è un episodio un pò a sè, speciale, e ancora più "staccato" dagli altri) riusciva a metter dentro così tante cose, e forse nemmeno così ferocemente (anche se feroci, anche parecchio, lo erano tutti).
Questo anche perchè con White Christmas ci troviamo davanti a un vero e proprio film, un'ora e un quarto, un tempo bastevole per metter dentro tante cose.
Forse persino troppe.
Ed è questo il difetto principale del film. O meglio, è questo quello che pensavo durante la visione, visto che nel finale la sceneggiatura mette un collante così perfetto che tutto quello che ci appariva un pò spaiato si appaia senza una minima sbavatura.
White Christmas all'apparenza sembra quasi un episodio canonico di Black Mirror che al suo interno racchiude però altri tre episodi.


In quella cornice così strana infatti, una specie di baita in mezzo alla neve nella quale sono rinchiusi, vai a sapere perchè, due uomini, un'atmosfera che mi ha richiamato in parte quella magnifica di Una pura formalità, in questa cornice dicevo, attraverso i racconti che si fanno i due uomini, è come se assistessimo a 3 diversi segmenti dello stesso film, quasi uno staccato dall'altro.

La vicenda del ragazzo guidato dalla voce di Matt.
Quello dell'"asportazione" della coscienza della ragazza,
Quello, terribile, del passato di Joe.
In tutte e 3 la tecnologia la fa da padrona.

7.5.15

Recensione "Inside N°9 - prima stagione" - Le serie tv de Il Buio in Sala



spoiler, semmai, solo nelle minirece dei singoli episodi

Oh, finalmente una serie tv di quelle che piacciono a me, corte(issime), originali e ben scritte.
Non è un caso che Ciku me l'abbia consigliata proprio per questi motivi.
Siamo in Inghilterra, sono soltanto 6 episodi, uno scollegato all'altro.
Qualcuno ha detto Black Mirror?
Ecco, diciamocelo subito, Inside N°9 non raggiunge certo i livelli di quella fantastica miniserie (ma del resto pochi li raggiungono) ma è comunque davvero qualcosa che ogni appassionato dovrebbe vedere.
Ma di cosa parla? c'è un filo conduttore?
No.
O sì, molto flebile, ed è quello che richiama il titolo.
Ognuno dei 6 episodi è ambientato al N°6 di un'abitazione.
Però, se ci ragioniamo bene, questo fil rouge che alla fine sembra essere così sottile in realtà non lo è poi tanto. Perchè sottintende una cosa non da poco, ossia che tutti e 6 gli episodi, dal primo all'ultimo minuto, siano in un interno. Credo che soltanto nei primi 2 minuti di The Harrowing e negli ultimi due di Last Gasp ci sia una scena all'aperto, giusto il tempo in uno di far arrivare una ragazza alla porta, nell'altro di farci uscire dei personaggi. Assisteremo così a tutti film di fortissima ascendenza teatrale (ma con l'agilità cinematografica però).
Addirittura, se vogliamo, 4 dei 6 episodi sono ambientati in una stanza o poco più, tanto da poterli davvero trasportare senza problemi in un palcoscenico (penso soprattutto a Sardines e Last Gasp).
Ma c'è almeno un'altra caratteristica che lega tutti gli episodi.
In realtà più di un'altra.
Sì, perchè ad esempio quasi sempre ci sono gli stessi due attori (e quello più grosso, Steve Pemberton, è davvero portentoso).
E anche l'atmosfera, il taglio, è quasi sempre simile, divertente, brillante (grandi grandi dialoghi). frizzante ma allo stesso tempo con una vena se non macabra comunque molto più amara, a volte sfociante in tematiche affatto banali, ma mai presentate in modo pesante o invasivo (ad esempio negli ultimi due minuti di Sardines si parla di roba seria, ma quasi manco te ne accorgi).
Ma, oltre gli interni fissi, la caratteristica principale di Inside N°9 è che c'è sempre un finale spiazzante, un grandissimo twist, qualcosa che o ribalta tutto o fa crollare tutto. Improvviso e brevissimo poi, al massimo 3 minuti dei 29 complessivi. Io c'ho visto tanto anche di un certo filone del Decamerone, specificatamente quello delle novelle legate al tema della beffa. In tutti e 6 gli episodi, se vogliamo, c'è sempre una beffa, o eclatante o più nascosta.

5.5.15

I Tesori Segreti di Jolly Roger (N°14): Rednecks Horror - I Mutanti


Torna la rubrica di Jolly Roger :)
Siamo sempre nel mondo dei Rednecks, stavolta quelli veramente brutti e deformi, i Mutanti.
In questo sotto-sottogenere si sono raggiunti livelli di Make Up (anche se qualcuno era brutto di suo...) elevatissimi. 
E anche la qualità dei film è tutt'altro da disprezzare. 
Buona lettura :)

Altra puntata dedicata ai simpaticissimi Rednecks :)

Seguono alcuni film tra quelli che maggiormente hanno preso spunto da Non Aprite Quella Porta, mutuando e sviluppando gli aspetti più terrorizzanti della figura di Leatherface: la sua deformità, il cannibalismo, la violenza; quest’ultima, poi, ancor più terribile perché abbinata al suo ritardo mentale, che le conferiva un’agghiacciante spontaneità ed innocenza.
I Rednecks “mutanti” hanno queste stesse caratteristiche: la loro crudeltà è genuina e spontanea, anzi, naturale. Se poi ci aggiungiamo che la loro deformità, in 9 casi su 10, è colpa dell’umanità (esperimenti nucleari, esperimenti genetici, rifiuti tossici eccetera…) si potrebbe persino dire che la loro incazzatura è comprensibile! 

3.5.15

Recensione "Child 44"


Avevamo da pochissimo accennato sul fatto di come, in caso di sceneggiature derivate, il nostro giudizio non possa essere mai veramente democratico. Se abbiamo letto il libro facciamo il confronto col film (il 90% delle volte poi a rimetterci è quest'ultimo), se non l'abbiamo letto o.k, c'è il film e non ci interessa d'altro.
Però, ecco, davanti a film come Child 44 è impossibile non pensare che molti dei meriti riscontrabili nella pellicola non siano grandemente debitori della pagina scritta.
Perchè Child 44 è davvero un bel film, lo dico subito. Ma ha la sua forza in un impressionante intreccio, diacronico (nel tempo) e sincronico (nelle vicende parallele) che solo da un libro poteva venir fuori.
Ricordo come fosse ora il suo sguardo.

1.5.15

Aria


Un grande amico non sta bene.
E' qualcosa nella quale siamo passati un pò tutti credo.
Quando capitano certe cose, e in modo così doloroso, c'è solo un errore che gli "altri" possono fare, giudicare.
Il dolore si può voler trattenere o voler condividere.
E il volerlo condividere non significa per forza vittimismo o ricerca di attenzione.
Molto spesso rappresenta soltanto l'unico modo possibile perchè un mostro che hai dentro sia scacciato fuori.
Anche perchè, poi, quando lo mandi fuori fuori, quando lo hai pure mostrato a tutti, riesci a vederlo meglio pure te.
Non ci sarà il suo nome, solo quello che oggi, oggi e magari non domani, sentiva che doveva assolutamente dire.
E la bellezza delle sue parole non nasconde un artificio, una costruzione. Solo chi ama veramente le parole sa che il saperle scegliere, il "sentirle" una dietro l'altra, è il modo migliore perchè abbiano effetto, e non negli altri, ma su di te.


Il paradiso e l'inferno sono in terra, ora lo so, li ho conosciuti entrambi, ed hanno un solo volto, il tuo.
Il paradiso se lo abiti non lo conosci, come gli occhi che vedono non vedono quello che vedono, sono tutt'uno con la vista.
L'inferno, rifugio di chi fugge dai cieli, schiude la conoscenza vera del paradiso, qui sai ciò che hai perso.
Dolce è il sapore delle acque infernali, perché dal dolore emerge ancora il tuo simulacro.
Spazio.
Capannoni dismessi, macchine, vigne, boschi, alberi, macerie e polvere, sempre il tuo volto.
Tempo.
Tra due lastre di specchi, i ricordi dal passato, il fiume notturno del dolore che scorre dal domani, sempre il tuo volto.
Il mio petto è squarciato.
Il sangue deconcettualizza il dolore.
Dolore senza concetto.
Una sola donna per il multiplo delle vie dell'universo.