27.3.11

Recensione: "La Leggenda di Beowulf"



Se non altro l'operazione di Zemeckis è utilissima per farsi interessare della più antica opera in lingua inglese (anche se ci sarebbe da discutere riguardo la lingua) esistente, il Beowulf appunto. Il regista di Ritorno al Futuro, passato ormai definitivamente all'animazione in motion capture (Polar Express, A Christmas Carol), prende una parte del lunghissimo poema e la modella a suo piacimento. Narra dell'arrivo a Heorot di Beowulf, della sua vittoria sul troll Grendel (che massacrava da tempo gli abitanti del posto) , della sua proclamazione come re e della battaglia finale con il drago, battaglia nella quale troverà la morte (anche il drago però, tiè). Il fatto che Grendel fosse figlio del Re di Heorot e il drago figlio dello stesso Beowulf (entrambi dalla medesima madre demone, un'ignuda Jolie) è un'assoluta invenzione di Zemeckis che ha almeno 3 finalità: sentimentalizzare il tutto, movimentare il tutto, legare il tutto. Altrimenti ci saremmo trovati davanti a una vicenda ancor più noiosa, ancor più piatta (nessuna storia d'amore, nessuna maledizione) e scollegata tra la prima parte e quella finale ambientata decenni dopo. Finita quest'assurda esegesi comparata parliamo del film. 

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Ottima l'animazione (il mare, i mostri marini, l'atmosfera lorda della sala) che raggiunge il suo apice, sia visivo che emozionale, nella straordinaria figura del troll Grendel, a mio parere vera star del film: morto lui, finito tutto. (Qui in Umbria diciamo: morto Cristo spenti i lumi). La vicenda però, come accennato, è tremendamente statica, rarissimo esempio di film epico d'avventura con 2 sole location, la sala di Heorot e la caverna della demonessa. L'intuizione di sceneggiatura di far generare i demoni dagli stessi Re, è sì discreta ma niente di più. In più particolare e a mio avviso fuori luogo la vena ironico-comica di tenere Beowulf nudo per 15 minuti con sempre davanti qualcosa (una testa, una mano,un oggetto, un'inquadratura anomala etc..) per non fargli vedere il pistolotto, espediente che avevo visto usato soltanto nel mitico Austin Powers. E tra colpe dei padri, Cristianesimo in coming e altri mega-temi arriviamo stancamente alla fine. Affatto bocciato, ma da vedere solo con attitudine positiva.

( voto 6 )

2 commenti:

  1. come filmetto in sè diverte. La cosatriste è che la sceneggiatura è di quel Neil Gaiman, storico sceneggiatore di "Sandman", forse la più bella saga a fumetti della soria, che svergogna miti e leggende che ha più volte citato e che sono diventati un suo marchio di fabbrica. Ma alla fine dai, ci sta per essere il suo primo flop in 20 e passa anni di carriera.

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  2. Dal tuo outing ho scoperto la tua carriera fumettistica. Mi informerò su questo Sandman, grazie!

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