28.6.10

I Corti de Il Buio in Sala (N°2): La Maison en Petites Cubes





Il più bel cortometraggio mai visto in vita mia.
Una delle più belle cose mai viste in vita mia.
La più bella metafora della vita e della sua inevitabile fine, del tempo che passa, del ricordo, dell'amore, che io mi possa ricordare.
Una delle opere cinematografiche più originali e geniali che abbia mai visto.
L' acqua, il tempo che passa,prima o poi sommergerà tutti. La voglia però di andare avanti, di vivere il più possibile, di non lasciarla vinta alla Fine e assaporare il più possibile il miracolo della vita. E poi una piccolo fatto, la caduta di una pipa, ci fa rimmergere nei nostri ricordi, sempre più indietro, casa dopo casa, emozione dopo emozione. E con un processo parallelo a Up ma opposto temporalmente, riviviamo tutta la nostra vita con la magia dei disegni, con lo splendore della musica, quasi in una meravigliosa crasi tra Van Gogh e Mozart. Fino alla fine di tutto, ossia il nostro inizio. E poi si riparte in avanti nel tempo, e soltanto girando intorno a un albero riviviamo come l'abbiamo conosciuta, Lei, l'amore della nostra vita e gli anni che ci sono voluti per conquistarla. Alla fine, inevitabilmente, dobbiamo tornare alla nostra vita, risalire su fino ai giorni nostri, fino a quella che, inesorabilmente, potrebbe essere una delle nostre ultime case, uno dei nostri ultimi anni. Non siamo soli però, abbiamo riportato su con noi, ancor più vivo, il ricordo di Lei e, guardandola negli occhi, possiamo completare il nostro brindisi all'Amore.
La prima volta in vita mia che credo nella perfezione.




( voto 10 )

27.6.10

Recensione: "Diary of the Dead"


Amo il cinema di genere, lo adoro. Se non esistesse, non avremmo più di 10,15 buoni registi al mondo.Non tutti possono permettersi sia intellettualmente che strategicamente (rischio di fallimento) la realizzazione di grandi film fuori dal genere o, al contrario, "dentro" più generi. Romero è indubbiamente uno di questi. Quello che sorprende però è come in una carriera quarantennale si possa concentrare metà della propria filmografia, non in unico genere, ma in un unico SOTTOgenere, lo zombie movie.
Diary of the Dead è il tentativo di ri-ri-ri-ri-riciclare se stesso per portare le proprie tematiche al giorno d'oggi, nell'epoca della rete, delle telecamere dapertutto, nella comunicazione in tempo reale. Ma una volta che conosciamo questa cornice, cosa c'è dentro il quadro? Lo stesso identico soggetto già pitturato più volte dal regista. 

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Morti viventi, satira sociale, satira politica, vicenda che si svolge in un giorno o poco più etc.. etc... . Qual è la novità? L'inserimento del macabro voyeurismo, cioè la nostra incapacità di non guardare, anzi, addirittura non filmare! tutte le brutture del mondo, che sia una morte in autostrada o un attacco di Zombie. Questo labilissimo motivo per giustificare comportamenti insensatissimi e trama quasi colabrodo. Certo, la realizzazione non è male ma non stiamo parlando di uno b-movie... . 
Altra novità (se non sbaglio) è il carattere on the road di questo capitolo, abituati com'eravamo a stare asseragliati in case, supermercati, basi militari e chi più ne ha più ne metta. Soltanto romeriani accaniti ( si badi bene, semplice definizione, non nota di demerito) possono aggrapparsi alle minime differenze tra un capitolo e l'altro e considerarli tutti indistintamente un capolavoro, soltanto diverse visioni o livelli metaforici di uno stesso evento. Per me l'unico aggettivo possibile è parossismo. E una ormai decennale, inguaribile, mancanza d'idee.

(voto 5)

21.6.10

I Corti de Il Buio in Sala (N°1): Il Racconto dei Racconti



Chiudo gli occhi, fatelo anche voi. E ripensate alla vostra vita, per lunga che sia. Immaginatevi bambini, immaginate di essere stati cullati, immaginate di giocare sopra un albero, immaginate di mangiare una mela. Poi la mela vi cade, l'innocenza è perduta, quel magico mondo di tori giganti che vi fanno saltare la corda non verrà mai più. Il mondo, la guerra, il male, la vita prendono, inevitabilmente, il sopravvento. Sono cose più grandi di noi ci schiacciano, ci uccidono. Ma, se ancora avete tenuto gli occhi chiusi, immaginate di tornare indietro, immaginate di recuperare il bambino che eravate, il bambino che siete stati, il bambino che vorreste ancora essere; immaginate di prendere questo bambino e di portarlo dove siete adesso, hic et nunc, di cullarlo, di guardarlo negli occhi e ... riconoscervi, e cercate più che potete di amare quel bimbo, cercate, più che potete, di amare voi stessi.

l'Immaginazione,la Fantasia, etimologicamente, significa luce. Per questo, se vogliamo vederne tutta la lucentezza, non abbiamo che chiudere gli occhi.

( voto 9 )

Recensione: "Il Bosco 1" - Gli Abomini di serie Z - 2 -


Due ragazzi in cerca delle bellezze d'Italia, come itinerario passano da Venezia a "uno sperduto bosco"(anzi, da Venezia a "sperduto bosco 1",la sintassi è importante) di un'anch'esso sperduto paesino delle Alpi. Qui invece di un ameno paesaggio avranno a che fare con le versioni Zombie di Solange, Tazio Nuvolari e L' Uomo Fango. Solo la ragazza sopravviverà (insomma ne muore solo 1...) e potrà riuscire a rivedere il Dio della luce.
Capolavoro di tale Marfori che ci propina quasi un'ora e mezza di orrore alternando un'ora di puro trash con mezz'ora di riprese dell'auto dei protagonisti che viaggia. Già il prologo, dove una terribile mano vaginale evira (marfori è uno studioso di Freud, è evidente) uno sventurato ragazzo finito insensatamente in una cascina di un bosco, già questo prologo dicevo sarebbe bastato a un palato fine per fermare la proiezione e, al contrario, a un trashlover per sfregarsi le mani. Poi il capolavoro subito dopo il prologo con la didascalia " NON MOLTO TEMPO DOPO...", che ci ricorda, dopo il titolo del film, quanto tale Marfori abbia a cuore l' uso della nostra lingua.




Poi in vortice meraviglioso abbiamo le calze della protagonista, il divieto di pesca, il discorso di Nuvolari durante una pericolosa discesa atteaverso gli orti del paesello, teste tagliate appoggiando bastoni, carrambate in cui si rivedono padre e figlia, intere sequenze inutili come quella dell'acqua nera solo per dirci che nei sotterranei c'è una sorgente, mani tagliate ma braccia che si allungano, zombie forti come un 9enne, protagonisti che si amano ma l'Uomo Fango è geloso e vuole "amare" anche lui la ragazza, ma con una canna da pesca...
Il tutto in una magica atmosfera in cui si prova la stessa tensione che si avrebbe nell'affrontare un piatto di amatriciana troppo piccante. Trama con lo stesso senso che può avere uscire nudi in mezzo alla neve in pieno inverno a ballare l' hully gully. In definitiva la peggior cosa mai uscita da una telecamera dopo un matrimonio ripreso da mia madre una decina di anni fa.
Magnifico.

( voto 1 )

20.6.10

Recensione: "La Notte dei Morti Viventi" (1968)




DOPO UN ANNO CAMBIEREI QUESTA RECENSIONE, MA TANT'E'

Mi accosto a "La notte dei morti viventi" come potrei avvicinarmi a un vecchio scienziato, famoso nel mondo per aver scoperto qualcosa di importante per la medicina. Il vecchio scienziato va rispettato, ringraziato, ricordato per sempre ma, se volessimo veramente giudicarlo, forse dovremmo analizzare la sua intera vita professionale e scoprire che in realtà di errori ne ha fatti tanti e di difetti ne ha parecchi.
Partendo quindi da un voto di doveroso rispetto, vorrei analizzare il debutto di Romero sotto l'aspetto squisitamente cinematografico, assolutamente solo in quello, senza soffermarmi sugli straordinari meriti che senz'altro ha avuto, specie quello di turning point tra l'horror che fu e quello che sarà.

RECITAZIONE: Assolutamente non male il protagonista, male o malissimo gli altri. Soprattutto Barbara (la prima ragazza) e il padre di famiglia sono totalmente inadeguati, teatrali, esagerati, non credibili. Non è certo un caso (e il tutto va a suffragio di quanto detto) se quasi nessuno degli attori del film non ha pratiìcamente fatto altro in seguito. Mi si potrà dire che furono presi per strada, semiprofessionisti. E allora? Il cinema è pieno di straordinarie interpretazioni di dilettanti, non ultimo Gomorra.

MONTAGGIO Dilettantesco, ho contato più di 20 stacchi assolutamente sbagliati.

MUSICA : Osannata da tanti, io l'ho trovata di un'invadenza unica. Sottolineava praticamente ogni singola azione compiuta, anche l'apertura di un cassetto. A mio parere rumori diegetici avrebbero reso moltissimo di più.


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SCRITTURA: La sceneggiatura di base è senz'altro buona. C'è un uso dei luoghi e degli spazi veramente ottimo, molto limitato per colpa del budget, ma reso al meglio. Sono i dialoghi a non convincere. Non so se l'avete notato, ma ogni personaggio racconta agli altri come è finito dentro quella casa. Ebbene, i racconti sono tradotti in italiano con un insopportabile passato remoto malgrado si riferiscano a fatti al massimo di poche ore prima. Certo, può darsi che nella versione originale questo non ci sia, ma rimangono 15 minuti di grandissima noia, che stemperano la tensione anzichè aumentarla. Se poi mettiamo anche i 20 minuti per murare la casa ecco già che capiamo la staticità del film, praticamente fermo dall'arrivo della ragazza agli ultimi (ottimi) 20 minuti, nei quali si concentrano a mio parere le vere 2 scene capolavoro (e allucinanti per l'epoca): il banchetto di frattaglie degli zombie, e l'omicidio della donna da parte della figlia.

INVEROSIMIGLIANZE: Le scene di lotta sono veramente malfatte, magari non alla Ed Wood ma quasi. Almeno le percosse, che siano date con pugni o con oggetti contundenti, quando il corpo ricevente è fuori campo potevano essere date con violenza e non al rallentatore o bloccando continuamente il braccio. In più il teschio in cima alle scale si rivela invece poi un corpo ancora florido con un viso praticamente a posto quando il protagonista finalmente sale...

Insomma, i difetti di un giovane regista senza una lira che affronta l'opera prima ci sono tutti. Se questo film fosse uscito ai giorni nostri si prenderebbe un sonoro 4 ma per l'idea, il coraggio, il significato e forza che ha avuto all'epoca merita un 8 pieno. Nel mio piccolo continuo a considerare La Casa il capostipite dell' Horror moderno, ma forse senza Romero non avremmo mai sentito parlare neanche di Raimi.
Il vecchio scienziato è morto e in vita ne ha fatte di tutti i colori ma grazie a lui, in qualche modo, il mondo, la civiltà hanno avuto uno scatto in avanti e per questo è impossibile dimenticarlo.

(voto 6,5 )

18.6.10

Recensione: "The Road"

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La Speranza è un diritto di tutti, del migliore e peggior uomo, del più felice e del più disperato. Non si può vivere senza speranza, quasi ossimoricamente non si può. The Road ha lo straordinario coraggio di farci credere che, al contrario, ce la si può fare.
Film grandioso, inumanamente bellissimo. Non tutti possono sopportarlo perchè fa paura, non noia, esplorare così a fondo il buio dell'anima sapendo che non si arriverà mai più alla luce.
Ancora Cormac McCarthy.Il pessimismo relativo di "No country for old men" evolve nel pessimismo assoluto del semplice "No country". Non ci sarà mai più nessuna terra per l' Uomo, nessun paese, solo strade su strade di disperazione da percorrere. Che mondo è quello in cui un padre è costretto ad "insegnare" al proprio figlio il suicidio? Che cosa è successo per far sì che gli uomini si mangino a vicenda? La Fine del mondo, tante volte raccontata sullo schermo raramente coincideva nelle altre pellicole con la fine dell'uomo, della sua anima. La Natura, la Guerra o chissàcosa hanno distrutto il nostro mondo. In seguito il Tempo, la Fame, la Disperazione hanno distrutto l'uomo. Cosa rimane? Rimane l'amore che un padre può dare al proprio figlio. Rimane l'amore che un figlio può dare al proprio padre. Solo questo rapporto varrebbe da solo la grandezza di questo film. E' facile raccontare amicizia, solidarietà, amore, tutti lo fanno. Meno facile è raccontare tali sentimenti quando questi sono totalmente incondizionati, puri, vivi, in un mondo senza più un domani.

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E' un messaggio di vita quello che The Road ci regala. Perchè vivere ancora, perchè soffrire, perchè lottare malgrado la certezza matematica che niente serva più? Perchè gioire davanti a provviste di cibo, godersi la bellezza di una doccia se poi comunque la nostra fine è segnata? The Road è come un interminabile Miglio Verde, lungo migliaia di km e decine di anni. Nessun governatore fermerà l'esecuzione, la morte sarà certa e orribile ma finchè le gambe ci sorreggono manteniamo la dignità di essere uomini, rispettiamo questa meraviglia chiamata vita.
E la cosa incredibile, paradossale, di The Road, è come al suo interno ci sia un percorso di formazione di un ragazzo, un' educazione alla vita che in realtà non avrebbe senso. La formazione, l'educazione, presuppongono un futuro, e un miglioramento in esso. Qui non c'è futuro, ma forse riveste ancora importanza il morire da Uomo, acquisire quella maturità che alla fine ti farà accettare l'inevitabile.
Una fotografia pazzesca, livida. Due grandi attori protagonisti. Una storia che si fa dramma, thriller, horror talvolta (in una scena da brividi). 
Forse non avrei mai voluto vedere The Road perchè tutto sommato anche a me piace viver sereno. L' ho visto però, e dimenticarlo è impresa veramente dura. E come Wall-e è il massimo risultato di sempre nell'animazione, The Road, che molto gli somiglia, è probabilmente il best del genere. Una cosa sola gli avrei chiesto in più però, quella che il cartone ci regala: un briciolo di speranza, una minuscola, verdissima, piantina verde.

17.6.10

Recensione: "Sileni"



E così mi ritrovo meravigliosamente solo, impaurito e in fuga da una schiera di 9 e 10 che mi danno la caccia col forcone. In realtà la mia non è una fuga forsennata, non c'è in gioco la vita, anzi, forse sotto sotto avrei piacere di essere raggiunto e colpito, trafitto dalla bellezza e genio di Sileni.
Così, per ora, non è stato. Non posso negare la mia ASSOLUTA ignoranza di Svankmajer, la cui conoscenza probabilmente mi avrebbe fatto apprezzare e, soprattutto, capire al meglio questo film. Certo è che mettersi di colpo alla visione di Sileni senza alcuna arma non è facile.
Non posso negare l'originalità, il coraggio, l'eccentricità, la forza, se vogliamo la genialità dell'opera. E' indubbio che Sileni sia un film-saggio su uno degli argomenti più affascinanti che cinema e letteratura possano trattare, la pazzia. E' innegabile ancora che siano moltissime le tematiche, le discussioni che tale opera cerchi di intavolare. E sono altrettanto sicuro che sarebbe importante per me scrivere questo commento dopo aver meditato meglio sul film o (cosa buona e giusta) dopo averlo rivisto.
Invece mi ritrovo a scrivere (come sempre) a visione appena effettuata perchè è in questa atmosfera magica nella quale le emozioni sono ancora vive e i pensieri cominciano a formarsi che reputo il momento della scrittura come più stimolante possibile. Ebbene, non ho sopportato alcune "cose" di Sileni. Innanzitutto la verbosità. Il film affronta temi ancestrali, come la pazzia e la ragione, la Natura e la religione, la violenza e il sesso, la coercizione e la libertà. Affida però l'esposizioni di tale tematiche a monologhi lunghissimi, dialoghi didascalici quando invece sarebbe stato molto più bello se tutto (o quasi) quello che avesse voluto dire fosse stato lasciato alla magica forza delle immagini. Invece ci sorbiamo 3 "spiegoni" di 10 minuti l'uno che cercano di mascherare la noia che provocano (almeno a me) con paroloni o concetti trascendentali.




Poi, gli stacchetti... Nessuno mette in dubbio la straordinaria forza di un'arte come la stop motion, nessuno cerca di non vedere la carica metaforica che Svankmeier affida a questi intermezzi, ma, sinceramente, dopo averne visti 7 o 8 ho iniziato ad avere la nausea, specie per l'orribile musichetta che li accompagna.
A me sembra che, come con certi Pasolini, si voglia a tutti i costi gridare al capolavoro quando un'opera ci sembra sovversiva contro la morale comune, le comuni istituzioni o la religione, dimenticandosi però che alla fine quasi tutti noi viviamo (giustamente) nel rispetto delle suddette. Insomma, non voglio cadere nel tranello dello "scandaloso ergo mi piace" anche se Sileni, probabilmente ha tutte le carte in regola per essere un capolavoro. Cercherò in futuro di trovare e scoprire queste carte. Intanto, mi "scuso" e mi defilo.

( voto 6,5 )

5.6.10

Apologia Finale e Definitiva (almeno per me) di Lost


Ho già cercato (e in alcuni casi sono riuscito) in questo blog ed in altri a far capire quanto sia quasi inattaccabile Lost. Siccome mi sta capitando in questi giorni di ripetere cose, vorrei fare un'analisi definitiva in difesa della serie argomentandola in più punti, in più MOTIVI per cui (secondo me) non ci possiamo permettere di accusarla.

1 BELLEZZA E ECCEZIONALITA' DELLA SERIE
Cerchiamo di ragionare a mente fredda, senza "The End", senza discussioni, senza preconcetti. A nessuno di noi è mai capitato in vita di vedere una serie tv più bella di Lost. Questo dato è oggettivo, come mai penso sia mai capitato nella storia della cinematografia. Ho parlato anche di eccezionalità. Lost non è più bella di altre serie assimilabili a lei, è semplicemente UN'ALTRA cosa, una serie che ci ha portato fuori da stazioni di polizia, ospedali, college e supereroi. Per questo fa eccezione. Non è la più bella di un sottogenere come a quanto dicono può esserlo per esempio Dott. House per gli ospedalieri, ma fa parte di un'altra classifica in cui concorre da sola. Non è un altro girone di una categoria pari alle altre, è proprio un'altra categoria, superiore e diversa da tutte. Ma torniamo alla bellezza. Se è pacifico che sia il massimo che abbiamo visto (almeno in tv) come facciamo a condannarla, come facciamo a trovargli solo difetti, come facciamo, ADDIRITTURA! , ad abiurarla? Chi può essere sincero affermando che se avesse saputo la fine avrebbe abbandonato Lost molto prima? Per vedere GUINNES OF WORLD RECORD forse? Qualcuno può dire: appunto perchè è una serie così bella, difficile e completa volevamo che raggiungesse la perfezione, che non presentasse così tanti difetti in mezzo ad un corpo quasi perfetto. Premettendo che la perfezione non esiste per rispondere a questo passo al punto 2.

2 OBBLIGO DI RISPONDERE A TUTTE LE DOMANDE? E DA QUANDO?
Da quando in cinematografia così come in tutte le altre arti l'autore deve darci TUTTE le risposte? Ma che pretesa è? Ma come siamo cresciuti? Perchè Lost deve essere diversa? Quanti film abbiamo visto nei quali moltissime cose non ci erano spiegate? Quanti meravigliosi film abbiamo visto così? Perchè in Mulholland drive Lynch non ci dice niente? Perchè ci lascia lo sforzo di immaginarci la trama e significato del film? E in Shining quante cose non ci vengono dette? Che significa quall'ultima foto? E in Schindler list chi è quella bambina vestita di rosso? Perchè per questi autentici capolavori il NON SAPERE è addirittura un pregio, quel quid che li rende immensi, e in Lost volevamo tutto servito sul piatto? Preferireste rivedere la telefonata tra Desmond e Penny o sapere di che materiale è il fumo nero? Preferireste non aver visto la puntata della morte di Charlie in cambio di sapere chi ha costruito la statua? Preferireste rivivere il momento in cui James cerca di tenere Juliet per non farla cadere nel pozzo o sapere cos'era il virus? Perchè, PERCHE' solo da Lost pretendete tutte le risposte?
Questo punto si allaccia perfettamente al successivo:

3 LA BELLEZZA DEL MISTERO
Punto simile al primo, in realtà suo complementare. Non solo Lost non ci doveva dare tutte le risposte, ma è molto, molto, molto più bello che non ce le abbia date. Quanto è bello il mistero, il cercare la verità, il discutere di questa, anzichè leggerla nero su bianco? Quanto è divertente, stimolante il cercar di capire tante cose non spiegate, quanto ci rende migliori, quanto più intelligenti, quanto più attivi? Mi fa specie chi (come ahimè Ale) avrebbe preferito tutte le spiegazioni, anche la formula chimica del fumo, anzichè imbandire una tavola rotonda per cercar di capire, di comprendere. C'è uno scrittore meraviglioso, per me il più grande, Jose Saramago. Questo autentico genio del nostro tempo ha scritto diversi romanzi tra i quali SI E' PERMESSO di incentrarne alcuni su:
- l'umanità che ad un certo punto diventa di botto cieca per poi riacquisire dopo tempo la vista. non sapremo mai il PERCHE'
- La Morte che per un giorno si dimentica di uccidere. NON SAPREMO MAI IL PERCHE'
- La penisola iberica che si stacca dalla Francia e inizia a vagare per l'Oceano. NON SAPREMO MAI IL PERCHE'
- Tutta una popolazione che senza mettersi d'accordo vota in toto scheda bianca a un' elezione. NON SAPREMO MAI IL PERCHE'
Attenzione, queste non sono vicende del plot, sono le vere e proprie architravi delle trame. Saramago è immenso PER QUESTO, non ci dice mai niente e solo un fisico quantistico non potrebbe non apprezzarlo. In definitiva TUTTE le domande non risolte che ad esempio ha posto Ale nel commento FANNO GRANDE Lost, fanno sì che diventi un motivo per pensare, per crescere. Chi preferisce l' EVIDENZA AL MISTERO? Quasi nessuno, ammettetelo.Saper tutto inoltre ci avrebbe fatto dimenticare Lost (almeno ad alcuni) dopo poco tempo, in questo modo invece può essere per noi materia di studio per tanto tempo.
In più tutti questi "buchi" ci danno una piccolissima speranza che in realtà non finisca qui...

1.6.10

Lost: The End



Sei anni fa vidi quasi per sbaglio la prima puntata di una nuova serie, Lost. C'era qualcosa, qualcosa... Vidi la seconda, la terza... 20 minuti fa, dopo 6 lunghi e intensissimi anni, l'ultima. Penso di essere tra i pochi (non più di un centinaio credo) ad averlo seguito dal principio, in "diretta" dalla prima puntata. Non so se un giorno proverò a recensire l'intera serie, mi limiterò stasera a parlare di "The End", l'ultima, magnifica, epica, straordinaria puntata.

La morte fa parte della vita, lo si sa. Tutti, PRIMA O POI moriremo. Prima però c'è la vita, c'è tutto il resto.C'è un gruppo di persone che vuoi per destino, vuoi per fede o per l'intercessione di qualcuno, si è ritrovata a vedere la propria vita legata INDISSOLUBILMENTE l'uno all'altro. Hanno vissuto insieme storie straordinarie, gioie, amori, sconfitte, paure, in molti casi addirittura la morte. Tutte queste persone sono UN'UNICA persona, tante parti di una sola cosa. Il destino li ha portati a schiantarsi insieme in un'isola, il destino ha voluto che in qualche modo la vita di ognuno si sia legata a doppio filo a quelle degli altri. Tralasciando le varie situazioni, tutte le storie, tutte le vicende, tutta la meraviglia dell'intera serie, c'è però un dato incontrovertibile : prima o poi, chi sull'isola chi altrove, chi ventenne chi (forse) dopo secoli, tutti, prima o poi, sono arrivati alla fine, al "The End", alla propria morte. Tralasciando religioni e filosofie, Lost ci racconta che alla morte del corpo sopravvive però una coscienza, un'anima, o in qualunque altro modo volete chiamarla. Tutti i personaggi di Lost, o meglio, tutte le anime dei personaggi di Lost, si sono ritrovate in un limbo, in una dimensione anticamera di qualcos'altro. Nessuna, NESSUNA, può "andare avanti", raggiungere quel qualcos'altro,la bianca luce dell'eternità. Nessuna può farlo singolarmente perchè i personaggi di Lost sono singole parti di una cosa unica. Qui sta la magia dell'ultima puntata. Queste anime hanno bisogno di un risveglio, di un evento che dia loro la consapevolezza di essere quello che sono, anime appunto. Solo il contatto l'uno con l'altro può dare quella scossa, il ricordo di ciò che fu (ossia la vita passata insieme) e di quello che è stato, la propria morte. Non c'è un tempo in questo limbo. Il tempo lo vediamo noi, lo calcoliamo noi, ma non c'è. Il limbo è uno stato mentale, un luogo dell'anima, dove quest'ultima ricerca quella degli altri. E' una ricerca forse inconsapevole, ma come in vita il destino unì queste persone, così postmortem avviene la stessa cosa. Prima o poi queste coscienze erano destinate a ritrovarsi, o per caso o perchè una già consapevole farà in modo che ciò avvenga. E in quel momento, solo in quel momento, quando tutte saranno di nuovo assieme, si potrà "andare avanti", vivere per sempre l'uno con l'altro non più nel limbo ma nella stanza accanto, la suite delle anime. Non ci sono parole per descrivere il messaggio che ci lascia "The End". Molti l'hanno criticato (o almeno è stato così in America e sarà anche in Italia); gente che ha banchettato per 6 anni a tartufo con Lost, si è permessa di sputare sul piatto. Fa paura, fa paura questo finale. La morte fa paura a tutti, ma chi l'ha bocciato non riesce a concepirla, infila la testa sottoterra. Se si sforzasse capirebbe che la morte che ci ha sbattuto in faccia l'ultima puntata di Lost è al contrario uno dei più bei inni all'amore, all'amicizia, alla SPERANZA, alla VITA che mai opera d'arte ci abbia mai regalato. L' occhio di Jack che si chiude,paragonabile per intensità, importanza,significato emozione e genialità (antitesi tra la primissima e ultimissima immagine della serie) ai più grandi momenti della storia del CINEMA, l'occhio di Jack che si chiude non è altro che l'estasi finale che ognuno, credente o no, dovrebbe augurarsi per la propria fine, un buio mai così lucente.


Solo tra anni e anni si capirà veramente che cos'era Lost. Ora lo si reputa la più bella serie mai creata, "semplicemente" questo. Come in poesia, in letteratura, in pittura, in scultura molte opere hanno oltrepassato la soglia della bellezza per entrare in un'altra dimensione che va al di là dell'eccellenza delle singole arti che rappresentano, una dimensione magica nella quale il cuore e la mente umana faticano a cogliere tutti i significati, così farà questo effetto Lost in cinematografia.

( voto 10,5 )